Comunicazione

Pensavo fosse politica invece era branding

Stop introduttivo: la politica di Trump, condivisa o meno, è totalmente offtopic in questo articolo, come la politica in generale.

Mi interessa solo fare qualche breve considerazione, con nessuna pretesa di esaustività, rispetto alla strategia di personal branding adottata dall’attuale presidente americano durante la sua campagna elettorale, visto che ormai ci siamo dentro in pieno anche in Italia.

L’election day è a poche settimane di distanza, i simboli che troveremo sulle schede elettorali sono stati depositati, è in corso l’assegnazione dei collegi ed entro qualche giorno avremo i nominativi dei candidati…come dire: l’allestimento è fatto, il tempo stringe, che si promuova il prodotto per la big sale del 4 marzo.

Sinceramente la mia attenzione, per deformazione professionale, andrà molto di più alle strategie di comunicazione che vedrò delinearsi nelle prossime settimane che a quello che verrà comunicato nella sostanza; un solo aspetto che mi riguarda personalmente desidero chiarire: a dispetto della mia disillusione a votare ci andrò, non condivido l’astensionismo, ma qui, ripeto, non è questo che interessa.

La crucialità del brandizzare, sia a livello corporate che personal, è ormai assodata: in politica, un personal branding forte, che racconti una storia capace di sfruttare spinte emozionali efficaci, può essere una componente non trascurabile della discriminante tra chi torna a casa a testa bassa e chi si prende la poltrona.

Vediamo dunque la campagna di Mr. President Trump in 4 tips.

#1 Focalizzazione sui “nuclei di paura indirizzati”

Senza mezzi termini: Trump ha trionfato grazie alla sua “brand story”, storia che ha provocato un profondo coinvolgimento emotivo sui suoi seguaci, facendo leva su “pain points” ossia “nuclei di paura” largamente sentiti e condivisi dagli americani.

Durante la sua campagna, Trump esaltò costantemente il concetto Make America Great Again, legando questo motto al bringing jobs to the U.S.: riportare lavoro agli Stati Uniti.

Su quale pain point condiviso dal popolo americano ha indirizzato l’attenzione? E quale nervo scoperto ha toccato? Risposta: gli Stati Uniti si sono “adagiati”, hanno abbassato la guardia e adesso il nostro paese “paga” più di quanto riceve. Un secondo nucleo di paura colpito fu quello connesso al business delle società per azioni americane che appaltano le produzioni fuori dagli Stati Uniti: a ditte specializzate in Messico, India e vari altri paesi. Tra le conseguenze di questo tipo di operazione è inclusa l’importazione di merci che gli americani, ecco che si tocca il nucleo di paura, avrebbero potuto produrre a casa impiegando forza lavoro americana.

#2 Bersaglio dei messaggi: la reazione emotiva istintiva di disgusto

La comunicazione incentrata sullo stimolo dei nuclei di paura indirizzati ha colpito il bersaglio designato e generato nella popolazione la risposta emotiva e fisica che Trump cercava: disgusto per lo stato corrente del paese, speranza in un migliore stato futuro, contributo attivo alla concretizzazione di tale speranza dando a Trump il voto.

#3 Linguaggio semplice

Ascoltate i discorsi di Trump: usa parole veramente molto semplici, parole che persino un bambino di cinque anni potrebbe comprendere. Questa semplicità ha attratto la gente, il registro comunicativo è stato adattato al livello della massa in modo che tutti potessero capire quello che Trump voleva capissero, che il messaggio “entrasse” nel destinario: raccontando la storia del suo marchio, la sua “brand story”, in modo “elementare” il destinario è stato penetrato.

#4 Conoscenza del pubblico

Trump ha dimostrato di conoscere profondamente la propria audience, soprattutto nei punti deboli. Lo studio e la conoscenza del destinatario è sempre la chiave per scegliere un percorso di successo nella condivisione della propria storia, storia che Trump ha diffuso come un martello pneumatico attraverso i due media più potenti e capillari che potesse sfruttare: video e social.

Questi, in modo molto sintetico, quattro punti chiave che hanno contribuito a rendere decisamente vittoriosa una vera e propria storia di personal branding, che si è efficacemente raccontata come portatrice di quei valori e di quelle soluzioni che il target, stimolato emozionalmente, ricercava.

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